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  • Immagine del redattoreAnna Maria

Il vento gelido del nord

2. dicembre - 8. dicembre --- 35.-41. giorno di viaggio

Ore 15:21, sono nella club house del centro ippico “Il cannuccio”, insieme a Sparta. Fuori, la bufera. Raffiche di vento fino ai 45 km/h e il diluvio.

Per me non è una cosa facile dover chiedere aiuto, ospitalità. Sono una persona che si arrangia sempre da sola, ci ho fatto l’abitudine, già da bambina. Ma nella vita è una cosa che si deve imparare, perché un giorno non ce la farò più da sola, un giorno avrò bisogno che qualcuno mi sostenga. Forse è proprio per questa mia difficoltà che, quando qualcuno mi aiuta, provo una gratitudine infinita, perché non me l’aspetto, perché è una cosa che non do mai per scontata. E ogni volta mi sembra di non poter esprimere a pieno i miei sentimenti, tutto quello che posso fare mi sembra insufficiente, mi sento in debito. Cosa può significare un semplice “grazie”? Non mi resta altro che sperare che la persona di fronte lo senta, non tramite le parole, ma tramite una comunicazione più profonda, più istintiva.

Ripeto, anche se ho già ringraziato tutti in persona, grazie a tutti quelli che mi hanno ospitato finora, che mi hanno regalato del cibo, che mi hanno fatto compagnia, grazie per i consigli, grazie per le risate, grazie per tutto, grazie, grazie…


Adesso torniamo ai fatti, dopo questa scappata nel mondo della gratitudine.

Quando sono ripartita da Enzo, ovviamente, diluviava. Ho dovuto aspettare un po’ prima di partire perché i cavalli si erano completamente infangati ed erano ancora bagnati. Quindi non sono potuta partire prima che si fossero asciugati, almeno nelle zone dove avrei appoggiato l’attrezzatura, così da poter togliere il fango secco. La pioggia non accennava a fermarsi, ma io sono partita lo stesso, sperando che dopo un po’ smettesse, come aveva già fatto prima in mattinata. Mi ero sbagliata. Per tutte le quattro ore di viaggio non è diminuita, ma ha continuato a cadere dal cielo grigio, costante e inesorabile. I sentieri che ho percorso quel giorno sarebbero stati bellissimi in una giornata di sole, ma per via del maltempo il terreno argilloso era diventato più scivoloso di una lastra di ghiaccio. In una discesa ho sentito Rhiannon spingere contro Bamiro, mi sono quindi girata un po’ seccata per rimproverarlo e dirgli di fare più piano, ma quando l’ho visto, mi ha parvasa quella calma agghiacciante che si prova nei momenti più difficili: il cavallo stava scivolando, con tutte le quattro gambe stese in avanti per rallentare, il peso sulla sua schiena che oscillava e rischiava di farlo cadere… Poi per fortuna ha ritrovato un terreno stabile, e dopo alcuni passi al trotto è riuscito a tornare al suo passo, sempre deciso, ma un po’ più cauto di prima. Quella è stata la discesa peggiore quel giorno, e, per la prima volta nella mia vita, sono stata contenta quando siamo tornati sull’asfalto. Pur con un tempo così inclemente, il paesaggio, o meglio, quello che riuscivo a intravedere fra la nebbia, era bellissimo. Le tipiche colline toscane, quelle che si vedono nelle cartoline, con gli alberi di cipresso che svettano dritti e fieri verso il cielo, i vasti campi coltivati, gli enormi pascoli, i vigneti e gli eleganti casali. Nel tardo pomeriggio sono arrivata al maneggio “La Francigena”, dove i cavalli hanno trovato un bel riparo e Sparta ed io ci siamo sistemate nella baita accanto alle stalle. Ho potuto così asciugare i miei vestiti fradici e me stessa davanti al caldo fuoco della stufa. Per fortuna, le bisacce e le selle erano rimaste asciutte, grazie alle coperte per la pioggia che ci aveva regalato Elena in Liguria.

Il mattino successivo, mi è venuta a trovare un’amica conosciuta su Facebook, che si era interessata al mio viaggio, dal momento che anche lei tra un paio di mesi vorrebbe fare un trekking da sola col suo cavallo. Dopodiché, col sole alle spalle e il vento a scompigliarmi i capelli, abbiamo continuato il nostro viaggio verso sud. Abbiamo aggirato San Gimignano e sostando dietro all’agriturismo “Polveraia”. Maurizio, il proprietario, ci ha accolti con grande gentilezza e ci ha offerto un bellissimo posticino per riposarci, tra il recinto del cinghiale e quello dei vitelli. Siamo rimasti fermi lì anche il giorno seguente, dato che pioveva e c’era tantissimo vento. Ho approfittato di quel tempo per pulire l’attrezzatura infangata, limare gli zoccoli dei cavalli e dare del grasso agli abiti da pioggia, per renderli di nuovo impermeabili.

L’indomani ho deciso di tornare indietro di un paio di chilometri per fare un giretto al centro storico di San Gimignano. Purtroppo, nel mezzo delle spettacolari vecchie mura, i vigili mi hanno impedito di continuare, dicendomi che non avrei potuto proseguire per nessuna delle strade, perché mi sarei “incastrata”. Era chiaro che avevano paura che succedesse qualcosa: c’erano parecchi turisti in giro e non erano convinti che sarei stata capace di gestire tutti i miei animali in mezzo a quella folla. Così sono tornata indietro di mal umore, che però è stato subito scacciato dai bellissimi incontri con i passanti, che sono stati molto gentili e curiosi. Quella è stata una giornata piena di imprevisti, fortunatamente soprattutto belli. Non avendo un punto d’appoggio pianificato, ero in cerca di un pascolo adatto per i cavalli. Ho visto tanti campi d’erba incolti, dove, con l’occhio da contadina, sapevo che quest’anno il terreno non era stato usato. Comunque, nessuno di quei campi mi ha convinta e così ho proseguito il viaggio, finché un gruppo di persone al margine del bosco, mi ha invitata a bere un caffè. Quando ho detto loro che stavo cercando un posto per la notte, mi hanno subito invitata a restare lì, mi hanno scaldato quello che era avanzato del pranzo e hanno trovato persino un po’ di fieno per i cavalli. Un gruppo di napoletani aveva chiesto ai gestori del campo di preparargli il pranzo per quel giorno, dal momento che loro stavano percorrendo la Francigena a piedi. Sono riuscita giusto a fare due chiacchiere con alcune persone del gruppo, prima che ripartissero verso sud per raggiungere l’agriturismo in cui avrebbero dormito quella sera.

Così sono rimasta con Monica e Giovanni che mi hanno spiegato e mostrato tutto il campo, per poi lasciarmi sola poco dopo. Così mi sono sistemata, ho messo la tenda sotto al telo impermeabile e ho fatto un recinto per i cavalli nel prato accanto, per poi godermi la serata con Sparta davanti al fuoco. Quella notte ho legato i cavalli a degli alberi accanto alla tenda, per sicurezza. Anche se hanno dei campanelli alla cavezza, a volte sono così stanca che non sono sicura di svegliarmi per il rumore nel caso succedesse qualcosa. Di mattina presto li ho poi riportati sul pascolo e mi sono infilata di nuovo nel sacco a pelo per dormire ancora qualche ora. Dopo, con tutta la calma, ho iniziato a prepararmi e sono riuscita a partire poco prima dell’ora di pranzo.

Quella sera sono arrivata nella scuderia Taddei, un allevamento di bei cavalli maremmani. Mi hanno dato due box per Bamiro e Rhiannon e io e Sparta abbiamo potuto dormire nella sala, col camino acceso. Per fortuna, perché nella notte le temperature sono scese a -6°C.

Un graditissimo sole ci ha accompagnati per tutta la giornata successiva. Ho seguito la Via Francigena, superando il bellissimo castello di Monteriggioni. Incamminandomi nei boschi, le strade sono diventate più strette e sassose. Nel pomeriggio abbiamo costeggiato un piccolo sentiero in mezzo al bosco, Rhiannon ha dovuto fare molta attenzione per non impigliarsi con le bisacce negli alberi, e siamo arrivati nel maneggio dove sono tutt’ora. Ci sono rimasta ancora una notte, poiché il meteo per il giorno dopo non faceva ben sperare.




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